28 aprile 2015

Adozione e scuola: formare i formatori. Parte III – Difficoltà di inserimento e programmi differenziati

ITALIAADOZIONI presenta quattro  interessanti articoli riguardanti “Adozione e scuola: formare i formatori”, a cura di Francesca Corti: 

    1. Collaborazione e comunicazione                                      - Febbraio 2015
    2. L’inserimento scolastico                                                     - Marzo 2015
    3. Difficoltà di inserimento e programmi differenziati        - Aprile 2015
    4. Si può parlare di adozione in classe?                                - prossimi mesi

PARTE III – DIFFICOLTÀ DI INSERIMENTO E PROGRAMMI DIFFERENZIATI

“Vi presentiamo il terzo articolo su Adozione e Scuola: formare i formatori, che introduce un tema di grande interesse che spesso coinvolge molti bambini adottivi : l’iperattività o ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder), sigla per la sindrome da deficit di attenzione e iperattività.

Iperattività e rispetto delle regole

Nella quasi totalità dei bambini adottati, l’iperattività è una componente molto presente nei primi mesi della loro nuova vita, e ciò può provocare non pochi problemi nell’attività scolastica.

Il bambino iperattivo a scuola sembra dare il “meglio” di sé: disturba i compagni, chiede in continuazione di uscire dalla classe, fa cadere gli oggetti dal banco e perde continuamente l’attenzione.

E se, a casa, i genitori devono curare “solo” il loro bambino, a scuola l’insegnante dovrà occuparsi in media di 25 bambini, fra i quali ci sarà il bimbo iperattivo, quello straniero, quello con bisogni educativi speciali, oltre a quelli “normalmente discoli” per età e predisposizione.

Il rischio che corre il nostro bimbo adottato è che cominci a essere poco sopportato dagli insegnanti, che faticano a comunicare con lui, e che venga allontanato dai compagni stanchi di sottostare alle sue prepotenze ed imposizioni, fino all’emarginazione vera e propria.

Anche qui la collaborazione tra famiglia e insegnanti è indispensabile; insieme si potrà lavorare sull’eccessiva vivacità del bambino, provando metodi alternativi di insegnamento, attività pomeridiane che aiutino il bimbo a trovare quella calma e quell’equilibrio che sembrano così difficili da raggiungere, e studiando insieme delle modalità di gestione del bambino che evitino l’etichettatura di “discolo”, che renderebbe ancora più faticoso l’ingresso del minore nel suo nuovo mondo.

Insieme all’iperattività spesso i bambini arrivati con l’adozione in età prescolare o scolare presentano anche una particolare insofferenza alle regole; se in istituto avevano regole di comportamento molto rigide, che magari prevedevano anche punizioni corporali in caso di disobbedienza, non vedranno l’ora di liberarsi da restrizioni e obblighi….

Al contrario, se non sono mai stati abituati ad avere alcun tipo di regola, pensando solo alla mera sopravvivenza e a non soccombere alla legge del più forte, non saranno proprio abituati a norme elementari di comportamento che rendono la convivenza più serena e proficua per tutti.

“L’insegnante che evita di occuparsi dell’aggressività manifestata dall’alunno tradisce la sua implicita richiesta di attenzione: esperienze empatiche correttive, sperimentate all’interno della scuola, possono invece gradualmente restituirgli la speranza di essere significativo anche rinunciando a comunicazioni eclatanti e violente” (Sartori P. “Prendere e dare la parola. Il rapporto fra affettività e conoscenza” in Convegno Regionale Scuola e Adozione, Venezia 12 maggio 2006).

Anche in questo caso i genitori dovranno fare un lavoro di condivisione con gli insegnanti, comprendendo e facendo comprendere che questo periodo iniziale di ribellione e difficoltà è destinato naturalmente a migliorare col tempo, fino ad arrivare ad una normalizzazione dei comportamenti del bambino, una volta che sarà più sereno e avrà acquisito la fiducia necessaria per rilassarsi finalmente, nella sua nuova vita e nel suo nuovo mondo.

Se però gli insegnanti non saranno preparati a questa “curva di difficoltà” destinata normalmente a calare, potrebbero reagire in modo non corretto ai comportamenti indisponenti del bambino, pensando che “sarà così per sempre”, assumendo atteggiamenti di chiusura nei confronti dell’alunno e dando giudizi definitivi che difficilmente verranno poi cambiati.

C’è molto margine di miglioramento, e anche il bambino deve sentire che ci si fida di lui, delle sue capacità di adattamento e della sua voglia di essere parte di un gruppo, anche se a volte sembra che si comporti in modo diametralmente opposto.

Un insegnante che ha fiducia nel suo alunno, che capisce le sue difficoltà e comprende che saranno temporanee, intuendo che con il giusto supporto si potranno superare e minimizzare, ha già iniziato ad aiutarlo, e con lui ad aiutare anche i genitori e la serenità della nuova famiglia.

Programmi differenziati

A volte è necessario pensare a dei programmi scolastici differenziati per i bambini che arrivano in adozione in età scolare.

Sappiamo che la loro autostima è solitamente molto scarsa, sono bambini che hanno aspettative molto basse nei confronti delle loro capacità e spesso non si sentono all’altezza dei compiti che vengono loro richiesti.

I genitori per primi devono imparare questa grande verità: loro stessi dovranno abbassare l’asticella delle proprie aspettative per poter permettere al loro bambino di saltare un ostacolo che ora potrà essere affrontabile, vincendo la sfida, acquisendo così sempre più fiducia in se stesso e riuscendo perfino a stupire per quanto potrà migliorare  ed imparare!

Non dobbiamo avere pretese smisurate per i nostri bambini (e questo vale anche per i figli naturali), ma tarare le nostre aspettative sulle reali capacità del bambino; dobbiamo pretendere che migliori costantemente, ma dobbiamo anche essere consapevoli che le difficoltà di apprendimento potranno essere una compagnia costante nella carriera scolastica dei nostri figli, per molteplici cause.

Ancora di più deve saperlo un insegnante: conoscere le cause che possono portare alle difficoltà di apprendimento, come la malnutrizione in età precoce o gravidanze a rischio in madri alcoliste o tossicodipendenti, è un primo passo per aiutare l’alunno a non sprofondare in un vortice di insuccessi scolastici ed automaticamente ad un calo vertiginoso della propria autostima, in un crescendo di problemi e frustrazioni.

I disturbi dell’apprendimento nei bambini adottati si focalizzano soprattutto nelle capacità logiche e spazio-temporali.

Il collegamento causa-effetto, ad esempio, è una forma di esperienza che si apprende nei primissimi giorni e mesi di vita: il bambino che piange perché affamato o sporco, vede accorrere la madre in suo aiuto. Comprenderà quindi che una causa (il piangere) comporta un effetto (il soccorso della mamma).

Un bambino istituzionalizzato fin da neonato non avrà modo di sperimentare questo collegamento, perché spesso il suo pianto rimarrà inascoltato; ecco che per lui sarà comunque più difficile, anche dopo anni, affrontare problemi che richiedano una capacità logica e consequenziale.

La geografia e la storia sono altre materie che portano non poche difficoltà ai bambini adottati: le capacità spazio-temporali sono difficilmente sviluppabili in bambini relegati in lettini per mesi, o in istituti senza la possibilità di orientarsi o di sperimentare la percezione del proprio corpo nello spazio.

Spesso il bambino adottato ha una gran paura del proprio fallimento, perché teme di deludere i genitori e gli insegnanti; per evitare di sbagliare quindi, semplicemente smette di agire, pensando che questo possa essere il male minore.

Facendo così non potrà mai migliorare, non potrà riconoscere il proprio valore e le proprie abilità, e anche l’insegnante non sarà in grado di capire che comunque il bambino possiede altre forme di intelligenza, da valorizzare e su cui puntare per formare l’adulto che diverrà.

Bisogna quindi pensare di assegnare a questo nostro bambino obiettivi didattici più bassi, che siano facilmente raggiungibili e comprensibili per potergli permettere di sentirsi “capace” e all’altezza di quanto gli viene richiesto, senza però che questo possa farlo sentire diverso dai suoi compagni o non all’altezza delle capacità degli altri.

Le consegne dovranno essere chiare e precise, con impegni di breve durata e attività che variano spesso.

Un altro passo importante potrebbe essere quello di dare valore alle altre capacità che il bambino possiede, assegnandogli piccoli compiti che lo facciano sentire importante e responsabile, scoprendo i talenti nascosti che sicuramente ha e che possono valorizzarlo anche agli occhi dei compagni, che magari lo deridono per le sue difficoltà logiche  e matematiche; questa iniezione di stima potrà portare solo ad un miglioramento anche in tutti gli altri campi, da quelli cognitivi a quelli relazionali e affettivi.

Francesca Corti

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