- Collaborazione e comunicazione - Febbraio 2015
- L’inserimento scolastico - Marzo 2015
- Si può parlare di adozione in classe? - prossimi mesi
- Difficoltà di inserimento e programmi differenziati - prossimi mesi
1) COLLABORAZIONE E COMUNICAZIONE
Scuola e adozione: due mondi complessi e bellissimi, in continua evoluzione e con complessità sempre maggiori, che possono essere due rette parallele che mai si incontreranno o invece una grande occasione per lavorare insieme e creare ottimi punti di incontro e di crescita per insegnanti, alunni e genitori.
Secondo le informazioni fornite dalla Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI), nel periodo gennaio-dicembre 2013 sono stati 2.825 i minori autorizzati all’ingresso in Italia, provenienti da 56 paesi. I 5 maggiori Paesi di origine dei bambini adottati dalle coppie italiane sono Federazione Russa, Etiopia, Polonia, Brasile e Colombia. L’età media per i bambini adottati dall’Etiopia risulta essere bassa (2,3 anni), mentre si alza per i bambini provenienti dalla Federazione Russa (4,6 anni), dalla Colombia (6,5 anni), dalla Polonia (7,7 anni) fino ai 7,9 anni per i minori provenienti dal Brasile.
“I bambini adottati sono portatori di situazioni di abbandono, hanno spesso vissuto condizioni di solitudine, lunghi periodi di istituzionalizzazione, sovente di maltrattamento fisico e psicologico. Lo strumento dell’adozione si è rivelato l’unico mezzo per permetter loro una vita di famiglia ed hanno dunque una “storia” famigliare differente da quella della maggior parte dei bambini. Taluni, inoltre, arrivano in adozione dopo affidi o precedenti esperienze di adozione non riuscite. I bambini, provenienti dall’adozione internazionale, vivono un’amplificazione di tutto questo poiché l’adozione li trasporta anche fisicamente in contesti completamente sconosciuti; per loro il “passaggio” è drastico e, molto spesso, si lasciano alle spalle pezzi di storia difficili da recuperare (le informazioni sulla loro salute e vita pregressa sono frequentemente scarne e frammentate). I bambini adottati internazionalmente portano con sé una cultura altra e un’altra lingua e, spesso, si tende erroneamente ad uniformare i loro bisogni con quelli dei bambini migranti”. (Scuola e adozione: dossier del CARE – Settembre 2013)
Sono bambini in età prescolare o scolare, che devono quindi essere inseriti nel nostro sistema scolastico una volta arrivati in Italia, con tutte le difficoltà che questo importante passaggio può comportare. Sono bambini che mai sono andati a scuola, oppure bambini già inseriti in un contesto scolastico nel loro Paese di origine, che risulterà comunque essere molto differente da quello in cui dovranno ora ambientarsi, per l’impianto linguistico, le abitudini, le metodologie di pensiero e gli orari (ad esempio negli Istituti etiopi le modalità di scolarizzazione dei bambini prevedono che nella stessa classe siano presenti alunni con età differenti, che imparano a memoria numeri e lettere, senza un programma differenziato per età e per competenze).
Spesso i genitori sono portati a pensare che per il bambino, anche se appena arrivato in famiglia, sia un bene l’inserimento immediato a scuola, per farsi nuovi amici, cominciare a prendere confidenza con le materie, e sentirsi meno isolato dagli altri bambini.
Nei neo genitori c’è frequentemente un bisogno inconscio di normalizzazione, di riprendere una vita che sia normale e condivisa da tutti, e cosa c’è di più normale per un bambino in età scolare che l’andare proprio a scuola, spesso per 8 ore al giorno?
Diventare genitori di bambini di 6-7-8 anni non è sempre semplice e immediato, le giornate diventano faticose e lunghe perché il bambino mette in atto tutte le sue strategie di resistenza e “messa alla prova” dei nuovi genitori, dopo anni o mesi passati in istituto, senza stimoli e con abitudini di vita completamente diverse.
Nei neo genitori c’è frequentemente un bisogno inconscio di normalizzazione, di riprendere una vita che sia normale e condivisa da tutti, e cosa c’è di più normale per un bambino in età scolare che l’andare proprio a scuola, spesso per 8 ore al giorno?
Diventare genitori di bambini di 6-7-8 anni non è sempre semplice e immediato, le giornate diventano faticose e lunghe perché il bambino mette in atto tutte le sue strategie di resistenza e “messa alla prova” dei nuovi genitori, dopo anni o mesi passati in istituto, senza stimoli e con abitudini di vita completamente diverse.
Ecco che la scuola diventa l’unica via di scampo per genitori spesso non abituati ad interagire con bambini, che magari non sanno proporre attività e giochi, che sono preoccupati che il bambino possa non raggiungere mai il livello cognitivo dei suoi coetanei, e che magari hanno l’esigenza di riprendere al più presto l’attività lavorativa. Ma “un bambino che ha sperimentato l’abbandono ha come aspettativa fondamentale quella di ritessere la propria storia dal punto in cui è stata interrotta. Nasce quindi la necessità di rapportarsi con degli adulti che gli consentano di ricongiungere il presente con il passato per ripristinare ciò che Winnicott (1970) definisce «continuità dell’essere»”. (Paolina Pistacchi, Istituto degli Innocenti, Insieme a Scuola: Buone pratiche per l’inserimento dei bambini adottati)
La quasi totalità dei professionisti del mondo dell’adozione ha ormai da tempo abbracciato il pensiero espresso anche da Marco Chistolini, psicologo e direttore scientifico del Ciai (Centro Italiano Aiuti all’Infanzia): si ritiene di vitale importanza che il bambino appena arrivato in adozione passi del tempo a casa con i genitori, per un periodo che può arrivare a sei mesi o più, per privilegiare il consolidamento del contesto famigliare di accoglienza, anche se il suo arrivo dovesse coincidere con l’inizio dell’anno scolastico o dovesse avvenire ad anno scolastico già inoltrato. Gli esperti del settore parlano di un tempo che può andare dai 5 agli 8 mesi in cui il bambino deve esclusivamente imparare a diventare figlio, cominciando a conoscere i genitori, acclimatandosi alla vita quotidiana nella sua nuova famiglia, senza avere fretta nel volerlo far diventare parte della comunità allargata, che comprende la scuola, le attività sportive e quelle ricreative.
“Nessun bambino è perduto se ha un insegnante che crede in lui”. (Bernhard Bueb)
FONTE: ITALIAADOZIONI
Nessun commento:
Posta un commento